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Italiani, pronti a monetizzare la propria privacy a 90 euro

Nel nostro Paese disponibilità a valutare quali e quante informazioni fornire in cambio di un vantaggio, anche economico. Ecco i risultati della ricerca “L’insostenibile leggerezza del dato” commissionata da Phd Italia.

Gli italiani sono preoccupati per la propria privacy on line ma fanno poco per proteggerla e sono disponibili a barattare informazioni in cambio di denaro. Quanto? 90 euro o dei vantaggi equivalenti. È questa la fotografia dell’atteggiamento degli italiani nei confronti dei propri dati personali, della loro protezione e del loro valore messa in luce dalla ricerca L’insostenibile leggerezza del dato che a poche settimane dall’introduzione del Gdpr ha esplorato il livello di consapevolezza in termini di privacy e di protezione dei dati degli italiani.

Le preoccupazioni sui Dati personali on line
La gestione e lo scambio dei dati personali in rete preoccupano, in particolare, per frodi informatiche e phishing (76%) e per l’utilizzo improprio dell’immagine dei minori (75%), per la privacy dei quali gli adulti si dichiarano molto più attenti che per la propria (70% minori, 50% adulti).
Seguono, nella rosa delle preoccupazioni, il furto d’identità e la scarsa trasparenza sull’utilizzo dei dati personali.

Le mancanze nella gestione dei rischi
Un elemento che sembra accomunare tutti è il fatto che conoscenza e consapevolezza sul tema non si traducono nell’adozione di comportamenti utili a contenere i rischi.

Se il 62% del campione si dice “preoccupato”, infatti, solo il 50% si definisce “attento” alla protezione della propria privacy online. Il 39% del campione confessa che condividere informazioni personali in rete lo spaventa, ma una percentuale analoga (38%), quando valuta il consenso al trattamento dei dati personali, dichiara di cliccare su ‘consenti’ leggendo velocemente o non leggendo affatto (e la percentuale nei più giovani, tra i 18 e i 24 anni, sale al 43%).

Inoltre se si va ad indagare la conoscenza degli strumenti di tutela della privacy si scopre che solo due tra quelli indicati (la falsificazione deliberata dei propri dati su social o altri siti e la crittografia) superano a stento il 50%, ma il loro utilizzo si ferma, rispettivamente, all’11 e al 26%. Anche uno fra gli strumenti in apparenza più noti, la navigazione in incognito, non supera il 45% sia come conoscenza che utilizzo.

Quattro atteggiamenti diversi
L’analisi dei dati ha permesso di dividere gli italiani in quattro cluster principali: Protagonisti, Antagonisti, Comparse e Spettatori.

I Protagonisti (19%) hanno maturato un alto livello di consapevolezza sul tema, sono coinvolti in prima persona nella gestione dei propri dati personali, sono attenti e informati sulle strategie e gli strumenti per tutela della privacy; gli Antagonisti (27%) sono molto preoccupati ma incapaci di prendere in mano la situazione e sentono di non poter avere nessun controllo; le Comparse (28%) sono ottimiste e si lasciano sostanzialmente trascinare dal progresso senza particolari attenzioni o strategie; gli Spettatori (26%) pensano che il tema della protezione dei dati non sia un loro problema.

Consapevoli del valore commerciale dei propri dati
Sette italiani su dieci (71%) si dichiarano consapevoli del valore commerciale dei propri dati personali, il 47% concorda nella definizione di “moneta di scambio per contenuti gratuiti sul web” e indica nel risparmio la motivazione numero uno.

Ma cosa sono disposti a rivelare gli italiani per risparmiare? Al primo posto troviamo le abitudini alimentari, che sono quelle maggiormente indicate dal campione (50%) e che non sembrano destare particolari preoccupazioni. Seguono quelle relative agli acquisti (48%), al tempo libero (48%) e ai consumi culturali (46%).

Maggiore riservatezza invece in tema di abitudini finanziarie e sessuali. Solo il 17% degli italiani è disposto a rivelare qualcosa sulla propria gestione finanziaria e solo uno su 10 non ha problemi a condividere informazioni sulle proprie abitudini sessuali.