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Fake news, una trappola per gli investitori

Dall’ambiente alla finanza, le bufale sono un crescente rischio per chi opera nei mercati finanziari. Verificare le fonti diventa così un imprescindibile fattore per gli operatori

Gli Stati Uniti vanno verso una profonda recessione, la ripresa economica dell’Eurozona è a rischio, mentre un insostenibile debito annullerà la crescita dei Paesi di frontiera. Se un investitore dovesse fare scelte finanziarie credendo a queste tre notizie, certamente perderebbe ingenti capitali. È la trappola delle fake news, a cui il Salone del risparmio di Milano ha dedicato un convegno, promosso da Aberdeen Standard Investiments. Da una parte Beppe Severgnini, giornalista e scrittore, dall’altra Richard Dunbar, head of economic and thematic research di Aberdeen asset management. Le prime vittime delle fake news sono i Paesi emergenti. È infatti opinione diffusa che la sensibilità ambientale sia appannaggio dei paesi sviluppati. Le energie rinnovabili rappresentano solo il 5% dell’offerta globale di energia. Tra i leader della rivoluzione dell’energia ecologica, ci sono Cina e India. Secondo le stime di Moody’s, nel 2018 le economie avanzate produrranno meno energia rinnovabile rispetto ai paesi emergenti. La ragione, ha sottolineato Dunbar, è nella sete di energia per alimentare la rapida crescita dell’economia. Così i principali impianti solari ed eolici del mondo si trovano oggi nei due giganti asiatici, che continuano a riversare ingenti capitali anche nell’economia occidentale per sviluppare le migliori tecnologie energetiche. 

La bufala della recessione degli Stati Uniti
Che Trump piaccia o no, chi crede alla imminente crisi dell’economia americana potrebbe presto ricredersi. Per Severgnini, l’economia americana ha anticorpi molto forti, grazie soprattutto alla leadership dell’innovazione nel mondo universitario, fucina di grandi scoperte che da decenni indicano la strada all’economia mondiale. Eppure è sempre più diffusa l’opinione che il calo dei rendimenti delle obbligazioni a lunga scadenza sia un segnale di una imminente recessione. In realtà, sottolinea un documento di AberdeenStandard, le cause possono essere attribuite a due fattori. Il primo è la variazione dei tassi stabilito dalle banche centrali, in particolare dalla Fed. Inoltre l’aumento del risparmio nei paesi emergenti, sta spingendo verso l’acquisto di titoli statunitensi, con il conseguente impatto sui tassi di rendimento. Il secondo fattore è la flessione del premio a termine. Così l’andamento reale dell’economia potrebbe essere persino contrario a quanto previsto seguendo l’andamento della curva dei rendimenti: una crescita talmente sostenuta, da costringere la Banca centrale americana a porre un freno. 

Eurozona, il falso pericolo della fine del Qe
Non va meglio dall’altra parte dell’oceano. In molti credono che una normalizzazione troppo rapida della politica monetaria, diretta in questi anni da Mario Draghi, possa avere un duro impatto sulla ripresa. In realtà, la politica della Bce è in linea con l’andamento dell’economia, che registra una ripresa superiore alle stime. I rischi reali sono quindi inflazionistici, mentre il primo rialzo dei tassi avverrà solo quando il governatore avrà la certezza che la ripresa è solida. Per Aberdeen, la Bce non cambierà i tassi prima del secondo semestre del 2019.

Mercati di frontiera, tante opportunità oltre i rischi
Come in un ideale giro del mondo attraverso le fake news, non è mancato uno sguardo ai mercati di frontiera. Si tratta di 40 paesi, che offrono un rendimento più alto rispetto alle economie emergenti tradizionali. L’opinione più comune è che lo sviluppo di questi paesi sia fragile e appesantito da un debito insostenibile. Dunbar ha sottolineato che un dollaro debole significa iniezione di liquidità. Inoltre la riduzione del valore del dollaro sta favorendo tutti quei paesi il cui debito è valutato con la valuta statunitense. Per smentire l’opinione diffusa, i mercati obbligazionari di Niger, Nigeria, Ghana, Ecuador stanno già dando importanti risultati agli investitori.