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Un’Italia bloccata e poco attraente

Nella classifica annuale dell’attrattività globale, stilata da The European House-Ambrosetti, il nostro Paese si conferma nella top 20, ma molto lontana dai risultati realizzati dagli Stati del nostro benchmark, cioè Germania, Francia e Spagna. Mercato del lavoro e arretramento dello stato di diritto le fragilità più evidenti

Secondo il Global attractiveness index (Gai) 2022, lo strumento di The European House-Ambrosetti per misurare l’attrattività dei Paesi, capace di rappresentare punti di forza e di debolezza delle differenti economie, il posizionamento dell’Italia rimane stabile alla 19esimo posto, ma con un distacco estremamente rilevante in termini di score rispetto ai Paesi benchmark, cioè Francia Germania e Spagna. Il nostro Paese, si legge nel rapporto, registra uno score pari a 56,1 (contro il 55,5 del Gai 2021), di poco superiore a quello della Spagna (pari a 51,7) ma nettamente inferiore rispetto alla Francia (70) e quasi la metà rispetto a quello della Germania (100), primo Paese per attrattività nell’edizione 2022. Gli analisti del Gai sottolineano quanto l’elaborazione della classifica 2022 avvenga in un momento storico estremamente delicato. La pandemia da Covid-19 aveva già segnato uno spartiacque importante nella storia recente, e in questo nuovo quadro, in cui tutte le attività economiche e sociali si sono dovute adattare alla convivenza con il virus, si sono aggiunti ulteriori elementi critici, di natura socio-economica e geopolitica, a partire dalla guerra d’aggressione della Russia all’Ucraina, iniziata il 24 febbraio scorso. 

Male il mercato del lavoro e lo stato di diritto 

Tornando alla situazione italiana, nel dettaglio, rispetto alle macro-aree considerate nella composizione dell’indice di posizionamento, l’Italia risulta al 32esimo posto nella macro-area detta Apertura; all’11esimo nella macro-area Innovazione; al 51esimo posto nella macro-area Efficienza e al 20esimo nella macro-area Dotazione. Come nell’anno precedente, fanno notare gli analisti, anche nel 2022 si conferma l’Innovazione la macro-area in cui l’Italia è posizionata meglio, restando nella fascia dei Paesi a medio-alta attrattività. Il risultato peggiore, nonostante un miglioramento in termini di crescita della produttività, l’Italia lo consegue nell’area dell’Efficienza. In gran parte, lo scarso risultato è colpa delle condizioni del mercato del lavoro e dello stato di diritto (Rule of law index): nel 2021, la disoccupazione nel Paese è cresciuta di 0,2 punti percentuali (pari a 9,5%), in controtendenza rispetto a tutti i Paesi benchmark che invece hanno ridotto il proprio tasso di disoccupazione rispetto al 2020. L’Italia perde sette posizioni nella sotto-classifica dello stato di diritto (dal 27esimo al 34esimo posto) a causa dell’ingresso di sette nuovi Paesi (Lussemburgo, Irlanda, Lituania, Lettonia, Cipro, Malta e Slovacchia) nell’indice, “tutti con uno stato di diritto più avanzato di quello italiano”, sottolinea il Gai. 

Crescono gli investimenti pubblici, crollano quelli privati 

In termini di Apertura, i risultati mostrano come l’Italia stia riacquistando attrattività sui mercati internazionali in termini di investimenti dall’estero. Nel 2021 si è osservata una variazione di ben 108 posizioni rispetto all’anno precedente. Il balzo, tuttavia, deriva principalmente dal recupero dopo il crollo d’investimenti esteri a causa della pandemia nel 2020, anno in cui l’Italia figurava tra i Paesi a maggior rischio sia per l’altissima intensità del contagio sia per la fragilità del proprio sistema economico. Per quando riguarda la macro-area relativa alla Dotazione, in un contesto globale di crollo degli investimenti in rapporto al Pil, l’Italia si è comportata meglio di altri Paesi, registrando un divario tra riduzione degli investimenti e contrazione del Pil di solo 0,1 punti percentuali. L’Italia ha quindi recuperato 11 posizioni nel sotto-indice relativo agli investimenti fissi lordi sul Pil. A sostenere il rapporto, scrivono gli analisti, sono stati soprattutto gli investimenti pubblici, aumentati di 1,7 punti percentuali, mentre preoccupa l’evoluzione degli investimenti privati, che negli ultimi 20 anni sono diminuiti in Italia del 16,3%, in controtendenza rispetto a tutti gli altri Paesi benchmark (+6,5% in Spagna, +18,8% in Germania, +22% in Francia). 

Lavorare su formazione, redditi e burocrazia 

Come sempre, il think tank ha elaborato una lista di cose che si dovrebbero fare per assicurare una maggiore attrattività e crescita economica e sociale del Paese: si va una riforma del sistema della formazione, “come chiave per raggiungere una crescita sostenibile”, a una riduzione del peso fiscale che grava sui salari, incentivando la crescita di quelli medio-bassi, “con benefici in termini di crescita dei consumi aggregati, attrattività dei talenti dall’estero, retention dei laureati in Italia e di mitigazione del fenomeno dell’inattività di giovani e donne”, passando per un intervento deciso sulla burocrazia, “per ridurre i tempi necessari all’esame e all’autorizzazione dei progetti e degli investimenti privati nella direzione della transizione ecologica, combattendo la cultura Nimby (Not in my back yard) a livello regionale”, conclude il rapporto.