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Bar e ristoranti ripartono con 45 miliardi in meno

Nel solo 2020 hanno cessato l’attività 22mila esercizi nel settore della ristorazione e sono andati persi 242mila posti di lavoro. Ora l’Italia riapre ma, sottolinea Confcommercio, con grandi interrogativi sulla ripresa

Si fa presto a dire riaperture. Mentre l’Italia prova a ripartire, complice l’arrivo del caldo e la campagna vaccinale, si fa anche il conto dei danni, come dopo una catastrofe naturale. Ci ha pensato il Centro studi Fipe-Confcommercio a dare i numeri di un settore, quello della ristorazione e del leisure, che sta pagando un conto salatissimo alla pandemia di Covid-19. 

Dal marzo 2020, i pubblici esercizi hanno perso circa 45 miliardi di euro: una cifra definita “spaventosa”, calcolata dalla Fipe, e che si ottiene sommando il segno meno del 2020 (-34 miliardi) e il disavanzo registrato nel primo quadrimestre dell’anno in corso, pari a -9 miliardi (dati al 25 aprile). E la stima proiettata a fine maggio indica altri 2,5 miliardi che andranno in fumo. Nel solo 2020 hanno cessato l’attività 22mila aziende e sono andati persi 242mila posti di lavoro nel settore. 

Bar e ristoranti: metà non ha uno spazio all’aperto

Nonostante il nuovo decreto riaperture, si legge nello studio di Fipe-Confcommercio, i ristoranti perdono tra i 50 e i 55 milioni al giorno, per un totale di 1,9 miliardi in 34 giorni, mentre per i bar la perdita sarà di 560 milioni. Comunque, le norme saranno presto riviste e adeguate all’andamento della pandemia, che si spera sarà positivo. Una prima verifica ci sarà probabilmente venerdì 14 maggio e quasi sicuramente il coprifuoco sarà spostato almeno alle 23, per essere poi cancellato a giugno con l’arrivo della stagione estiva. Intanto, però, c’è la questione della ristorazione consentita solo all’aperto: un vulnus che per Fipe significa “prolungare il lockdown per oltre 116mila pubblici esercizi”. 

Secondo i dati dell’associazione, il 47% dei bar e dei ristoranti italiani non ha spazi all’aperto, una percentuale che nei centri storici aumenta considerevolmente. L’associazione chiede che i sindaci mettano a disposizione spazi extra per le attività economiche, per “dare una prospettiva a tutti gli imprenditori”. Ma non basta, perché senza un protocollo di sicurezza sanitaria stringente, che consenta la riapertura anche dei locali al chiuso, non si arginerà la crisi del settore. 

Alberghi, sbloccare gli ingressi dei turisti stranieri 

Anche Federalberhi ha fatto sentire la propria voce, plaudendo alla possibilità della mobilità regionale, grazie all'Italia in giallo: “ci consente di immaginare una ripartenza”, ha precisato il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca. Ma anche in questo caso a soffrire saranno le città e in particolare proprio le città d’arte, che sono il cuore del Pil italiano. Se il turismo interno, ricreativo, balneare e montano, potrà provare a ripartire, il discorso non vale per quello straniero. 

Tutti guardano al green pass europeo, che potrebbe eliminare i cinque giorni di quarantena per i turisti europei, mentre per quelli dagli Stati Uniti, che devono attenersi a quindici giorni, si stanno studiando in queste settimane delle soluzioni più funzionali, ma altrettanto sicure. “La Grecia – ha sottolineato Bernabò – dal 14 maggio consente l’ingresso di stranieri in possesso di vaccino o di tampone negativo, mentre l’Italia per questo non ha ancora dato una data. Un francese sicuramente non viene a Roma se sa che deve fare cinque giorni di quarantena”. Grecia e Spagna stanno spingendo molto sul recupero del turismo e l’Italia dovrebbe fare altrettanto, giacché, anche (e soprattutto) per il nostro Paese, il settore rappresenta una parte importantissima del Pil.