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Welfare aziendale come stimolo al sistema produttivo

I dati del terzo rapporto di Ubi Banca e Adapt evidenziano la crescita di contrattazioni collettive tese allo sviluppo delle relazioni industriali in funzione del benessere dei dipendenti. Un fenomeno che segue anche le trasformazioni economiche e demografiche provocate dalla pandemia

Ubi Banca e Adapt hanno presentato la terza edizione di Welfare for People, il rapporto sul welfare occupazionale e aziendale in Italia promosso dalla Scuola di alta formazione in Relazioni industriali e di lavoro di Adapt e dall’Osservatorio Ubi Welfare di Ubi Banca (Gruppo Intesa Sanpaolo) mostrando come in Italia stia crescendo il welfare aziendale anche nella contrattazione collettiva. Con un’attività continuativa di monitoraggio della recente evoluzione del welfare aziendale e occupazionale nel nostro Paese il rapporto inquadra la diffusione del fenomeno alla luce della trasformazione economica, tecnologica, demografica, anche rispetto alle criticità emerse con la diffusione dell’emergenza Covid.
Dal terzo Rapporto emerge che il welfare aziendale in Italia si conferma legato in buona parte alla dimensione delle aziende e alla loro collocazione geografica: il 44% delle intese sono state sottoscritte in imprese con oltre 1.000 dipendenti (il 25% in imprese tra i 250 e i 1.000 dipendenti e il 30% in aziende con meno di 250 dipendenti), e si riscontra una netta prevalenza di intese sottoscritte nelle regioni del Nord Italia, il 69% (Centro 23%, Sud e Isole solo 6%).

Le prestazioni nei settori della metalmeccanica e della chimico-farmaceutica
Nei nuovi contratti aziendali della metalmeccanica, ad esempio, sottoscritti nel 2019 si conferma e cresce la grande attenzione attribuita nel settore per le misure di conciliazione (52%). Cresce la diffusione di prestazioni di mensa e buono pasto (38%) e di previsioni sulla formazione (38%). Non molto elevata è invece la presenza di misure di previdenza complementare (15%) e assistenza sanitaria integrativa (13%).
Dal monitoraggio dei contratti aziendali dell’industria chimico-farmaceutica sottoscritti tra il 2016 e il 2019 emerge che la materia della flessibilità organizzativa e della conciliazione vita-lavoro rappresenta il 71% delle misure di welfare contrattate a livello aziendale. Per contro risultano molto diffuse anche le previsioni sui buoni acquisto e sui flexible benefits (53%).

Il premio di produttività aziendale “welfarizzato”
Oltre alla contrattazione collettiva, l’analisi di Ubi Banca ha rilevato anche il fenomeno della cosiddetta welfarizzazione del premio di produttività aziendale. In questo caso l’analisi ha riguardato tre settori che si caratterizzano per il ricorso a una contrattazione di tipo territoriale (edilizia, agricoltura, turismo) e 607 contratti aziendali (dei 2.800 presenti in banca dati) che disciplinano la materia.

Ne è emerso che tra i contratti aziendali analizzati che regolano il welfare, ben il 56% prevede la welfarizzazione del premio di produttività, dato nettamente superiore a quello dei contratti del 2018 (30%), del 2017 (14%) e ancor più significativo se considerato che nel 2016 era solo il 3% a prevedere questa modalità di erogazione del premio.

Un valore per le aziende
Il welfare aziendale ha oggi un ruolo di assoluto rilievo nell’integrazione del Welfare State, riuscendo a generare valore per le aziende e per i dipendenti. Lo hanno capito gli istituti bancari che si propongono oggi come partner delle aziende clienti in tema di welfare. “Guardando in prospettiva, spiega Andrea Lecce, responsabile della Direzione Sales & Marketing privati e aziende retail di Intesa Sanpaolo, il welfare aziendale potrà sempre più diventare elemento di stimolo al sistema produttivo nell’ambito delle relazioni industriali, contribuire al miglioramento del clima aziendale e accrescere il ruolo sociale delle imprese, coinvolgendo i dipendenti per favorire il benessere della persona e lo sviluppo delle comunità e dei territori locali”.
Nel 2017 Intesa Sanpaolo ha lanciato Welfare Hub, un servizio pensato per implementare e gestire programmi di welfare aziendale attraverso l’accesso ad una piattaforma di relazione digitale e multicanale. L’obiettivo ora è quello di attivare le opportune sinergie per integrare e capitalizzare al meglio la positiva esperienza che Ubi aveva maturato nel settore e proseguire il percorso intrapreso, confermandosi partner affidabile ed efficace delle aziende clienti.

Un aiuto per affrontare anche i momenti di crisi
“La crisi in corso, inizialmente percepita come esclusivamente sanitaria – continua Gaetano Miccichè, Consigliere Delegato di Ubi Banca - sta facendo emergere più ampie criticità a livello di infrastrutture territoriali e di sistema economico-sociale”. Nella situazione che il Paese sta affrontando a causa della emergenza epidemiologica, gli analisti hanno rilevato che gli attori delle relazioni industriali che non avevano sperimentato il welfare aziendale in senso stretto sono stati colti impreparati, mentre chi aveva già attuato forme di welfare aziendale si è mostrato pronto a gestire una emergenza che porta ora le imprese a dover fare necessariamente i conti con le trasformazioni del lavoro. Le misure e le politiche di welfare aziendale si sono rivelate un importante supporto per il sistema produttivo.
“Da qui nasce l’approfondimento sulla contrattazione sociale territoriale, spiega il professor Michele Tiraboschi, coordinatore scientifico di Adapt e curatore del rapporto, sia per le connessioni che si generano con l’ambito del welfare occupazionale e aziendale sia perché, insieme ad esso, rappresenta uno dei più importanti tentativi delle relazioni industriali di offrire nuove risposte alle esigenze di cambiamento di una società post-fordista individuando un nuovo baricentro nella dimensione territoriale”.