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Tra Stati Uniti ed Europa c’è sempre la Cina

Una delle sfide della nuova amministrazione di Joe Biden sarà rinsaldare le relazioni con l’Europa, cercando di schierarla con Washington contro Pechino, in una battaglia, più diplomatica ma non meno decisa, per il controllo dell’economia mondiale. Molto dipenderà dall’esito della guerra commerciale, di colpo divenuta così anacronistica

C’è chi dice che tra l’Europa e gli Stati Uniti ci sia un patto da riscostruire, chi invece sostiene, come lo stimato professore di Relazioni internazionali, Vittorio Emanuele Parsi, che basti che l’Italia stia ferma e non faccia nulla e già avrà fatto molto per andare d’accordo con gli Usa di Joe Biden. Dopo i quattro anni più tesi della storia recente tra le due sponde dell’Atlantico, segnati dalla presidenza Trump, si guarda con speranza a nuovi e distesi rapporti tra Stati Uniti ed Europa. Ma sarà davvero così? Gli analisti concordano su un punto: l’elefante nella stanza tra Washington e Bruxelles è Pechino. La triangolazione Stati Uniti, Europa e Cina sarà il banco di prova, anche economico, su cui misurare la tenuta dell’alleanza (da ritrovare). La tentazione cinese che aleggia su alcuni Stati europei, si veda il famoso accordo sulla Nuova Via della Seta tra Italia e Cina, così osteggiato Oltreoceano, non potrà che rappresentare un ostacolo anche durante la presidenza Biden. Ecco perché, secondo l’economista di Assogestioni, Paolo Guerrieri, l’Europa dovrà fronteggiare con diplomazia ed equilibrio i contraccolpi delle tensioni tra Usa e Cina, ma senza accettare di restare ai margini. L’Europa, e soprattutto l’Unione Europea, che è evidentemente più strutturata, dovrà perseguire i suoi obbiettivi di rilancio, crescita sostenibile, prosperità e coesione sociale, partecipando attivamente alla partita internazionale: se l’Europa non sarà un giocatore, rischierà di diventare il campo da gioco.

Europa, un futuro da equilibrista 

Con Biden alla Casa Bianca, concordano molti analisti europei, sarà più facile agire collettivamente, perseguendo interessi comuni, essendo la leadership del nuovo Presidente Usa, almeno sulla carta, meno muscolare e più dialogante rispetto a quella del suo predecessore. Di fronte alla Cina, che mira a dividere il fronte atlantico, l’Europa dovrà essere una sorta di “negoziatore di parte”, in grado di mantenere la salda alleanza con gli Stati Uniti ma al contempo dialogare su alcuni temi globali con la Cina, che si è comunque dimostrata un interlocutore finora credibile. Ma quali temi? Per esempio la salvaguardia dell’ambiente, su cui Pechino in questi quattro anni ha fatto molto di più rispetto a Washington, che si è ritirata dall’accordo di Parigi (per poi rientrarvi solo ora con Biden), e la lotta al Covid-19.

Una nuova grande alleanza democratica? 

Del resto su Le Monde, la sinologa Alice Ekman, ricorda quanto gli Stati Uniti si siano isolati in questi anni e soprattutto durante lo scorso anno, momento in cui, invece, la Cina ha approfittato di una sorta di “vuoto di potere internazionale”. Alla fine di dicembre è stato firmato un accordo di principio sugli investimenti tra la Cina e l’Unione Europea (Cai), che certo non ha fatto piacere all’amministrazione Usa in piena fase di transizione di poteri. Pechino, inoltre, ritiene che il 2021 sarà un anno di opportunità da cogliere, di grande rilancio: insomma di grandi affari. Mentre Biden, non certo per colpa sua c’è da dire, sarà in primo luogo costretto a gestire l’epidemia di Covid-19 sul territorio nazionale, ancora fuori controllo, e che rallenterà molto i piani espansivi degli Stati Uniti. Ma ci sono altri fronti su cui la nuova amministrazione si aspetta maggiore cooperazione dai suoi alleati: le questioni commerciali, tecnologiche, la sicurezza e i diritti umani, in primis. L’obiettivo dichiarato di Biden è costruire una grande alleanza democratica insieme a Giappone, Corea del Sud, Australia, India, Canada e ovviamente Unione Europea e Regno Unito: per questo il neo Presidente ha già annunciato l’intenzione di organizzare quest’anno un vertice delle democrazie per rinsaldare relazioni logorate in questi ultimi quattro anni.

Dazi, una guerra senza senso

Tuttavia, mentre tra Usa e Ue sembrano ci siano le premesse per un ritorno all’amicizia di un tempo, continuano a pesare le questioni commerciali: cioè i dazi, quella guerra iniziata da Donald Trump, convinto che il protezionismo fosse la nuova strada per la prosperità. Non sarà facile per Biden, qualora lo volesse, interrompere il circolo vizioso di dazi e contro-dazi. A novembre scorso, proprio durante il periodo più frenetico della conta dei voti delle elezioni Usa, la Commissione Europea ha deciso di avviare dazi su quattro miliardi di dollari di merci americane, in risposta alla controversia sugli aiuti a Boeing: una mossa, in realtà, per spronare gli Stati Uniti a ritirare le proprie tariffe pari a 7,5 miliardi di dollari. L’Unione Europa si dice comunque pronta a ritirare le misure, qualora ci fosse un passo concreto da parte della nuova amministrazione. Detto dell’impossibilità tecnica e politica di rimuovere immediatamente e completamente le tariffe americane sui prodotti degli Stati membri dell’Unione, resta il fatto che il mondo rispetto a un anno fa è molto diverso: il commercio internazionale è impantanato, la mobilità tra Paesi non esiste più e i consumi languono dappertutto. Parlare ancora di dazi, in questo 2021, non ha davvero più senso.