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Se si investe alla cieca

Gli italiani continuano a risparmiare ma ignorano concetti come Inflazione, tasso di interesse, rischio-rendimento, come mostra una recente indagine della Consob

Gli italiani mettono da parte, ma non imparano l’arte. Se la quota di risparmio complessivo accantonato dalle famiglie del nostro Paese continua a crescere, altrettanto non accade con la conoscenza della materia. I dati pubblicati il 4 ottobre scorso dalla Consob nel suo annuale Rapporto sulle scelte di investimento delle famiglie italiane dicono che nel corso del 2016, in linea con gli andamenti rilevati nell’area euro, è proseguita la crescita del reddito disponibile delle famiglie italiane, la cui ricchezza netta è rimasta sostanzialmente stabile attorno ai livelli pre-crisi. D’altronde è proprio nei periodi di incertezza che si tende a risparmiare e ad accantonare liquidità in attesa che passino i tempi bui. Mettere da parte, e poi? Lo studio della Consob, riferendosi alle conoscenze finanziarie e ai tratti comportamentali, sottolinea che “le competenze degli italiani in materia finanziaria rimangono limitate”, tanto nella conoscenza della materia, quanto nella capacità di orientarsi negli investimenti. Gran parte degli italiani adulti ignora nozioni di base quali inflazione, tasso di interesse semplice, relazione rischio-rendimento e diversificazione di portafoglio: concetti oscuri per la maggior parte degli intervistati (la percentuale di definizioni corrette oscilla infatti tra il 33% e il 53%), mentre registrano livelli di comprensione significativamente inferiori (tra il 10% e il 18%) concetti più sofisticati riguardanti determinate caratteristiche di rischio dei prodotti. Un terzo del campione d’indagine ha difficoltà nel valutare la rischiosità delle opzioni di investimento più note. A ciò va aggiunto che gli italiani pensano di sapere ma non sanno. “La relazione tra conoscenze effettive e conoscenze percepite – si legge nel rapporto della Consob – presenta un disallineamento all’incirca nel 40% dei casi, che (soprattutto rispetto alle nozioni più sofisticate) si traduce prevalentemente in una sopravvalutazione della propria literac.”. 


La finanza mette ansia 

Sul fronte opposto si pone un diffuso livello di apprensione sperimentato nel prendere decisioni attinenti alla gestione del denaro che costituisce un ulteriore fattore che può condizionare comportamenti e scelte. Circa la metà degli intervistati (in particolare i soggetti con conoscenze finanziarie più limitate) dichiara di “provare ansia finanziaria”, che scoraggia la propensione a sopravvalutare le proprie competenze. Non stupisce, dunque, che l’elevata avversione alle perdite e la bassa propensione al rischio rimangano caratteristiche molto comuni tra i risparmiatori italiani, i quali dichiarano una netta preferenza per i prodotti a capitale protetto e/o a rendimento garantito.


La scuola non prepara

Va da sé rilevare che una situazione così poco confortante sia il risultato di un’attenzione troppo scarsa che il sistema scolastico italiano dedica ai temi finanziari. Gli indici internazionali di alfabetizzazione finanziaria vedono i ragazzi italiani posizionarsi nelle parti basse delle classifica. Gli ultimi dati riportati dal Pisa (programme for international student assessment), indagine internazionale dell’Ocse che valuta ogni tre anni il livello di istruzione degli adolescenti dei principali Paesi industrializzati, vedono i giovani italiani al penultimo posto in Europa in termini di alfabetizzazione finanziaria: dopo di noi c’è solo la Polonia. Il Pisa rileva anche fortissime differenze territoriali in Italia, con le regioni del Nord a livelli alti, quelle del Sud a livelli di sottosviluppo.