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Italia a due velocità, un divario sempre più ampio

Nel Mezzogiorno calano le nascite, la disoccupazione femminile è al 20% e i giovani scappano. Il rapporto Svimez, evidenzia le dinamiche che caratterizzano il nostro Paese, tra cui il contributo quasi nullo del reddito di cittadinanza, e che sembrano sempre più separare Nord e Sud

Si riapre il divario tra il Centro-Nord e il Mezzogiorno. Stagnano i consumi e crollano gli investimenti pubblici. Il reddito di cittadinanza invece di favorire il reinserimento dei non occupati nel mondo del lavoro li allontana, soprattutto donne e giovani. È questa la fotografia in sintesi dell’edizione 2019 del Rapporto Svimez, dell’Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno che esorta a tornare ad una visione unitaria della mancata crescita italiana.
“I nuovi temi dell’antica questione meridionale impongono un cambio di prospettiva nell’analisi della stagnazione italiana” si legge nel Rapporto. “Il Nord Italia non è più tra le locomotive d’Europa, alcune regioni dei nuovi Stati membri dell’Est superano per Pil molte regioni ricche italiane, avvantaggiate dalle asimmetrie nei regimi fiscali, nel costo del lavoro e in altri fattori che determinano ampi differenziali regionali di competitività”.

I trend di consumi e investimenti
I dati del Rapporto rilevano che nel 2018 il PIL al Sud è cresciuto di +0,6%, rispetto a +1% del 2017. Ristagnano soprattutto i consumi (+0,2%), ancora al di sotto di -9 punti percentuali nei confronti del 2018, rispetto al Centro-Nord, dove crescono del +0.7%, recuperando e superando i livelli pre-crisi. Debole il contributo dei consumi privati delle famiglie con quelli alimentari che calano del -0,5%, in conseguenza alla caduta dei redditi e dell’occupazione. Ma soprattutto, evidenzia Svimez, la spesa per consumi finali della Pubblica Amministrazione ha segnato un preoccupante -0,6% nel 2018.
Gli investimenti restano la componente più dinamica della domanda interna (+3,1% nel 2018 nel Mezzogiorno, a fronte di +3,5% del Centro-Nord). In particolare, crescono gli investimenti in costruzioni (+5,3%), mentre si sono fermati quelli in macchinari e attrezzature (+0,1% contro +4,8% del Centro-Nord). “Alla ripresa degli investimenti privati fa da contraltare il crollo degli investimenti pubblici: nel 2018”, stima la Svimez, “la spesa in conto capitale è scesa al Sud da 10,4 a 10,3 miliardi, nello stesso periodo al Centro-Nord è salita da 22,2 a 24,3 miliardi”.
Riguardo al Pil in tutto il Mezzogiorno si distinguono Regioni che marciano a diverse velocità verso la crescita. Nel 2018 Abruzzo, Puglia e Sardegna sono state le regioni che hanno registrato il più alto tasso di crescita, rispettivamente +1,7%, +1,3% e +1,2%. Nel Molise e in Basilicata il Pil è cresciuto del +1%. In Sicilia ha segnato +0,5%. Campania a crescita zero nel 2018. Calabria unica regione meridionale che ha visto una flessione del Pil di -0,3%.
Il valore aggiunto dell’agricoltura è calato nel 2018 al Sud di -2,7%, nel Centro-Nord è aumentato di +3,3%. Il valore aggiunto dell’industria in senso stretto è aumentato di +1,4% nel 2018 al Sud, in calo rispetto al 2017 (+2,7%). Nel Centro Nord è cresciuto di +1,9%. Il valore aggiunto del terziario al Sud nel 2018 è aumentato di +0,5%, meno che al Centro-Nord (+0,7%).

Mercato del lavoro, l’inutilità del Reddito di cittadinanza
Dal punto di vista occupazionale, si riallarga il gap tra Sud e Centro-Nord. Svimez calcola che nell’ultimo decennio è aumentato dal 19,6% al 21,6%: ciò comporta che i posti di lavoro da creare per raggiungere i livelli del Centro-Nord sono circa 3 milioni. La crescita dell’occupazione nel primo semestre del 2019 riguarda solo il Centro-Nord (+137.000), cui si contrappone il calo nel Mezzogiorno (-27.000). Al Sud aumenta la precarietà che si riduce nel Centro-Nord, riprende a crescere il part-time (+1,2%), in particolare quello involontario che nel Mezzogiorno si riavvicina all’80% a fronte del 58% nel Centro-Nord.
Analizzando l’impatto del Reddito di Cittadinanza sul mondo del lavoro nel Mezzogiorno, Svimez, pur apprezzando la misura, ne evidenzia il risultato pressoché nullo avuto nel cercare di rimettere in moto l’occupazione: “La misura, invece di richiamare persone in cerca di occupazione, le sta allontanando dal mercato del lavoro. La povertà non si combatte solo con un contributo monetario, occorre ridefinire le politiche di welfare ed estendere a tutti in egual misura i diritti di cittadinanza”.

Donne senza occupazione e working poor
Le regioni meridionali sono agli ultimi posti in Europa per tasso di attività e occupazione femminile. La bassa occupazione delle donne meridionali riflette anche la carenza di domanda di lavoro e ciò spiega perché il tasso di disoccupazione femminile al Sud sia intorno al 20% su valori più che doppi rispetto al Centro-Nord.
 La gravissima emergenza riguarda soprattutto le giovani tra 15 e 34 anni, che si sono ridotte di oltre 769 mila unità. Aumenta significativamente per le donne il part time (+22,8%) mentre cala il lavoro a tempo pieno (-1,3%). In particolare quelle occupate con part time involontario aumentano nel decennio di quasi 1 milioni pari a +97,2%.
In aumento i lavoratori poveri (working poor), soprattutto al Sud: l’incidenza della povertà assoluta nel 2018 è cresciuta al Sud all’8%: nel caso in cui il capofamiglia occupato ha un contratto di operaio la quota di nuclei in povertà assoluta è salita nel Mezzogiorno al 14,7%

Servizi pubblici, permane il divario territoriale
Al Sud sono scarsi i servizi a cittadini e imprese. La spesa pro capite delle amministrazioni pubbliche è pari nel 2017 a 11.309 nel Mezzogiorno e a 14.168 nel Centro-Nord. Un divario che è cresciuto negli anni Duemila. Lo svantaggio meridionale è molto marcato per la spesa relativa a formazione e ricerca e sviluppo e cultura. Continua seppur in leggera flessione l’emigrazione ospedaliera verso le regioni del Centro-Nord: circa il 10% dei ricoverati per interventi chirurgici acuti si sposta dal Sud verso altre regioni.
La spesa in istruzione in Italia si riduce con una flessione del 15% a livello nazionale, di cui il 19% nel Mezzogiorno e il 13% nel Centro-Nord. Le differenze Nord/Sud riguardano soprattutto l’offerta di scuole per l’infanzia e la formazione universitaria. Nel Mezzogiorno solo poco più di 3 diplomati e 4 laureati su 10 sono occupati da uno a tre anni dopo aver conseguito il titolo. Prosegue l’abbandono scolastico, nel 2018 gli early leavers meridionali erano il 18,8% a fronte dell’11,7% delle regioni del Centro-Nord. Per di più al Sud il 56% delle scuole ha bisogno di manutenzione urgente. In questa zona del paese si registra inoltre anche un grave il ritardo nei servizi per l’infanzia.

Intanto i giovani continuano a fuggire
Il Mezzogiorno continua a perdere giovani fino a 14 anni (-1.046 mila) e popolazione attiva in età da lavoro da 15 a 64 anni (-5.095 mila) per il calo delle nascite e la continua perdita migratoria. Il saldo migratorio verso l’estero ha raggiunto i -50mila nel Centro-Nord e i -22 mila nel Sud. La nuova migrazione riguarda molti laureati, e più in generale giovani, con elevati livelli di istruzione, molti dei quali non tornano più.
Dall’inizio del nuovo secolo hanno lasciato il Mezzogiorno oltre 2 milioni di residenti, la metà giovani fino a 34 anni, quasi un quinto laureati. Un’alternativa all’emigrazione è il pendolarismo di lungo periodo, che nel 2018 dal Mezzogiorno ha interessato circa 236 mila persone (10,3% del totale). Di questi 57 mila si muovono sempre all’interno del Sud, mentre 179 mila vanno verso il Centro-Nord e l’estero.