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Gli over 65 sono una potenza economica

Gli anziani spendono di più e hanno più capitale. Secondo l’analisi Censis- Tendercapital, la silver economy ha una quota di ricchezza media più alta del 13,5% rispetto alla media degli italiani

Per gli italiani si diventa anziani non quando si va in pensione o si raggiunge una determinata età anagrafica, ma se e quando si diventa dipendenti da altre persone nelle ordinarie attività quotidiane, incluse le più intime. Prima di allora sono dei veri e propri generatori di benessere. E’ questa in sintesi la fotografia dei dati del Primo Rapporto Censis-Tendercapital sui buoni investimenti “La Silver Economy e le sue conseguenze” presentato recentemente a Roma. La ricerca ha analizzato il fenomeno dell’invecchiamento demografico e il suo impatto sull’evoluzione di stili di vita, valori, aspettative dell’economia e della società italiana. Obiettivo: individuare le destinazioni possibili dei risparmi e le prospettive di investimento legate alla silver economy, concependo la longevità non più come costo, ma come risorsa e opportunità.

Italia, record di over 65 in Europa
Il quadro che emerge dallo studio Censis-Tendercapital evidenzia un nuovo ruolo nella società italiana degli over 65, che sono il 22,8% del totale della popolazione. In Europa, l’Italia detiene il primato per presenza di longevi, seguita da Grecia (21,9%), Portogallo (21,7%), Finlandia (21,6%) e Germania (21,5%).
In dieci anni, nel nostro Paese si è registrata una crescita di 1,8 milioni di persone con almeno 65 anni e oltre un milione di persone dagli 80 anni in su, pari alla somma degli abitanti di Palermo e Firenze. Una tendenza che non accenna a diminuire e che si contrappone al dato negativo (-1,5 milioni) dei giovani fino a 34 anni con una cifra pari alla somma degli abitanti di Milano e Trento. Preoccupante anche il calo delle nascite che va in picchiata segnando un -23,7%.

In Italia si vive più a lungo
Si vive meglio e si vive più a lungo: è questa la fotografia dei dati sui lungo-viventi italiani. La speranza di vita in Italia, infatti, è tra le più alte nella Ue. Nel nostro Paese la vita media di una persona è 82,7 anni, a fronte di un dato medio Ue di 80,9 anni (quasi due anni in più). Per le donne la speranza di vita è 84,9 anni (in Ue è 83,5 anni), mentre per gli uomini si attesta intorno agli 80,6 anni (78,3 anni in Ue).
Nel 2019 gli ultraottantenni sono 4.330.074 e rappresentano il 7,2% della popolazione, una crescita significativa del +74,9% rispetto al 2001. Gli ultranovantenni, invece, sono 774.528 e risultano aumentati del +94,5% dal 2001. Infine, cresce anche il numero dei centenari, arrivati a 14.456, in aumento del +129% dal 2001, quando erano 6.313.
Le previsioni per il 2051 annunciano che dagli attuali 13,7 milioni di anziani – come già detto il 22,8% del totale della popolazione – si passerà a 19,6 milioni, per un’incidenza sul totale della popolazione che sarà pari al 33,2% e un incremento percentuale del +42,4%.

Anziani più benestanti e attivi
L’analisi di Censis-Tendercapital sulla silver economy fa emergere uno spaccato interessante a proposito di redditi e patrimoni: gli anziani hanno una quota di ricchezza media più alta del 13,5% di quella media degli italiani, mentre per i millennials risulta inferiore del 54,6%. La quota di ricchezza degli anziani sul totale della ricchezza delle famiglie italiane è passata in 20 anni dal 20,2% a quasi il 40% del totale. Il reddito medio familiare degli anziani in 25 anni ha segnato +19,6% reale ed è passato dal 19% del totale al 31%.
Inoltre è proprietario dell’abitazione in cui vive il 76,1% degli anziani (era il 64,7% 25 anni fa) ed il 44,5% dei giovani (era il 49,7% venticinque anni fa). In sintesi, il 62,7% degli anziani dichiara di avere una situazione economica solida, le spalle coperte, contro il 36,2% del totale della popolazione. Un dato che spiega anche perché in 25 anni si sia ridotta la spesa dei consumi familiari (14%), mentre è aumentata quella degli anziani (+23%), che oggi spendono molto di più in cultura, svago e viaggi. “L’ascesa dei longevi, si evidenzia nel Rapporto “li rende oggi interpreti di una soggettività forte, che significa una personalizzazione dei percorsi di vita dove ciascuno disegna la propria esistenza riempiendola di molteplici attività, ruoli, progetti che generano buona soddisfazione soggettiva”.

Generatori di benessere
Come si evince dal Rapporto, 9,6 milioni di anziani si occupano dei propri nipoti e di questi ben 3,6 milioni lo fa regolarmente. Un care che diventa vero e proprio welfare perchè consente a molte donne di rimanere nel mercato del lavoro senza subire decurtazioni di reddito, ad esempio per pagare una baby sitter o dover passare al part-time.
Sono 7,6 milioni gli anziani che erogano soldi alle famiglie di figli e/o ai nipoti e di questi 1,7 milioni lo fa regolarmente. Le prestazioni monetarie o in natura erogate dagli anziani sono un sostegno chiave per le famiglie più giovani. E poi ci sono gli anziani che si occupano di altri anziani, in un formidabile meccanismo di mutuo aiuto generazionale (5,1 milioni). L’impegno nel sociale resta una priorità, con 1,2 milioni di anziani che svolgono attività gratuite in associazioni di volontariato.

Con la non autosufficienza il welfare vacilla
È quando però si arriva al momento della non autosufficienza degli anziani che il modello italiano di welfare familiare e privato inizia a mostrare segni di cedimento. Dal Rapporto Censis-Tendercapital si evince infatti che il 20,7% degli anziani, ovvero oltre 2,8 milioni di persone, non sono autosufficienti e questa situazione rappresenta un rischio che cresce con l’avanzare dell’età (supera il 40% di incidenza oltre gli ottant’anni).
Gli elevati fabbisogni assistenziali degli anziani sono stati finora coperti soprattutto dalle famiglie, che garantiscono assistenza diretta in almeno 7 casi su 10.
Un ruolo importante lo svolgono poi le badanti, circa 1 milione, con una spesa per le famiglie stimata in circa 9 miliardi di euro.
Troppa pressione sulle famiglie, troppi gli esclusi (circa 1 milione di anziani hanno gravi limitazioni funzionali e non beneficia di assistenza sanitaria domiciliare). Oltre 2,7 milioni vivono in abitazioni non adeguate alla condizione di ridotta mobilità. Dati che allarmano, anche perché non bastano i 12,4 miliardi di spesa pubblica per l’assistenza a lungo termine, di cui 2,4 miliardi finalizzati alle cure domiciliari, pari al 10,8% della spesa sanitaria complessiva, comunque inferiore al dato Ue del 15,4%.