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Argentina, al via un programma per contenere l’inflazione

Solo a marzo il livello è cresciuto del 4,7%. Le misure proposte dal governo argentino dovrebbero costare allo Stato circa 190 milioni di euro

L’indicatore JP Morgan ha segnato 850 punti. L’indicatore di rischio paese dell’Argentina ad aprile fa segnare i massimi dal giugno 2014. Allora l’inquilino della Casa Rosada era Cristina Fernandez de Kirchner, e il contesto delicatissimo: si affrontava negli Stati Uniti una crisi legata alla ristrutturazione del suo debito in default. Ora il livello di allarme è tornato alto perché l’inflazione è tornata a volare: a marzo ha segnato un +4.7%, raggiungendo il tasso inter-annuale del 54,7% il più alto dal gennaio 1992.
Per cercare di stabilizzare la corsa dei prezzi, il governo del presidente Mauricio Macri, lo scorso 17 aprile, ha annunciato il Programma economico e sociale un insieme di misure con cui si spera di contrastare gli effetti della difficile congiuntura economica. I punti principali del programma, che l’opposizione ha ribattezzato “Programma per ottobre” (quando sono previste le elezioni legislative), riguardano un accordo sui prezzi, che non saranno aumentati fino a dicembre, di 60 prodotti del cesto di base dei consumi, con tagli di carne a prezzo accessibile, e un freno all’aumento delle tariffe di elettricità e telefonia cellulare. Inoltre, sono previsti sconti fino al 70% per i farmaci di quanti sono beneficiati dai sussidi per le famiglie numerose, crediti per i pensionati e per l’acquisto di appartamenti per le giovani coppie e un piano di rateizzazione delle tasse per le piccole e medie imprese. Nel documento governativo che spiega la filosofia dell’intervento, si legge infine: “crediamo che, avendo cominciato a stabilizzare la questione cambiaria, sia arrivato il momento di portare un po’ di sollievo agli argentini che così tanti sforzi hanno fatto in questi mesi difficili per tutti”.
Secondo alcuni calcoli riportati dal quotidiano economico argentino Infobae, le misure messe in campo avranno un costo per il bilancio statale di 9.000 milioni di pesos (190 milioni di euro). La decisione secondo gli esperti potrebbe compromettere l’impegno preso dall’Argentina di deficit per il 2019 e quindi anche il rispetto del debito pubblico che ha raggiunto il 90% del Pil e che è concentrato per il 76% in emissioni in dollari.
È questa dunque l’origine dello scetticismo degli operatori finanziari, che si riflettono nel rischio Paese. Infobae rileva che i titoli del debito argentino operano al ribasso, con particolare riferimento a quelli di medio termine in dollari (Bonar 2024 e Bonar 2025), non garantiti dall’accordo con il Fondo monetario internazionale (Fmi) che garantisce il servizio del debito fino alla fine del 2020.