Flat tax, meno tasse ma non per tutti
Dal 1° gennaio 2019 per i titolari di partite Iva e per i professionisti è entrato in vigore il nuovo regime forfettario noto ai più come Flat tax. L’imposizione fiscale, prevista dall’ultima manovra di bilancio (legge n.145/2018), è al 15% per tutti i contribuenti che decidono di applicare il regime forfettario sul fatturato dell’anno precedente (su ricavi e/o compensi fino a 65mila euro). Quasi 400mila tra titolari di ditte individuali, professionisti e artisti da tempo si chiedono se sia conveniente o meno aderire al nuovo regime. Già, perché la risposta non è affatto scontata, soprattutto per coloro che usufruiscono di agevolazioni quali ad esempio le deduzioni per il coniuge e i familiari a carico, le detrazioni per gli interessi sui mutui, le spese mediche e anche le ristrutturazioni edilizie.
Secondo un’analisi realizzata da Mutui.it in collaborazione con Facile.it, esiste un rischio “non trascurabile” che la misura varata dal governo Conte risulti non conveniente per molti di coloro per cui la flat tax è stata pensata.
L’accesso al regime agevolato, si legge nell’analisi che Valerio Stroppa ha realizzato per il sito di comparazione mutui, consente di alleggerire le tasse dovute; invece di applicare l’Irpef ordinaria (dal 23% al 41%), viene prevista un’imposta sostitutiva del 15%, su un reddito calcolato a forfait in percentuale sul fatturato. “Nella maggior parte dei casi – si legge – il regime consente risparmi d’imposta significativi”. Per fare un esempio, un giovane avvocato che realizza un fatturato di 35mila euro, a fronte di 7.000 euro di costi sostenuti, può risparmiare circa 3.200 euro all’anno. “Si potrebbe pertanto supporre che la flat tax sia sempre e comunque più conveniente del regime ordinario, ma in realtà non è così, perché nel confronto bisogna tenere conto anche di altri fattori”, spiega Mutui.it, portando ad esempio l’effettiva entità dei costi sostenuti dal contribuente: qualora questi siano superiori a quelli riconosciuti in misura forfettaria dalla legge, il vecchio regime di tassazione potrebbe risultare migliore.
Le insidie nascoste
Il vero ago della bilancia, tuttavia, sarebbe dato dall’impossibilità per i forfetari di beneficiare delle deduzioni e delle detrazioni che l’ordinamento riconosce alle persone fisiche. “Poiché il regime forfetario è sostitutivo, in assenza di altri redditi imponibili (per esempio derivanti da lavoro dipendente, prestazioni occasionali, affitto di immobili), il reddito dichiarato dal contribuente ai fini Irpef sarà pari a zero. Dal momento che deduzioni e detrazioni agiscono solo nel mondo Irpef”, ciò significa perdere il beneficio.
L’analisi di Mutui.it sottolinea quindi che “a venire meno sarebbero per esempio le detrazioni per il coniuge, i figli e gli altri familiari fiscalmente a carico, ma anche gli sconti fiscali previsti su determinate spese sostenute dal contribuente come, solo per citarne alcune, gli interessi passivi sui mutui (detraibili al 19%), i lavori di ristrutturazione edilizia (50%) o di riqualificazione energetica degli edifici (65%). Senza dimenticare spese mediche (19%) e altro ancora”.
Torniamo al caso del giovane avvocato che sta valutando il transito nel regime forfetario. Ipotizziamo che abbia acceso un mutuo nel 2017 per l’acquisto e la ristrutturazione di un immobile, con interessi passivi di 4.000 euro (massimo consentito) e importo dei lavori di 60.000 euro. La detrazione sul mutuo è pari a a 760 euro (19% di 4.000), quella sulle ristrutturazioni a 3.000 euro (50% di 60mila, diviso in 10 rate annuali).
In questo caso la flat tax consente di risparmiare 3.165 euro di imposte, ma le detrazioni perse ammontano a 3.760 euro. Pertanto, mette in guardia Mutui.it, “prima di stabilire con certezza come comportarsi, è necessario considerare tutte le variabili e procedere a valutazioni attente caso per caso”.