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Un Made in Italy a rischio energetico

Il settore della ceramica è tra quelli definiti hard-to-abate per l’esigenza di utilizzare grandi quantità di gas nelle fasi di cottura dei materiali. Si tratta però anche di uno dei comparti industriali più attivi nell’export, tanto che l’Italia è al primo posto nel commercio internazionale di piastrelle, forte di un prodotto che si basa su innovazione, qualità e design

Terra, acqua e fuoco: sono gli elementi naturali che costituiscono la base della produzione di ceramica. È la semplicità dell’impasto la ragione per cui questo materiale ha radici antichissime, equiparabili alla storia dell’uomo.
E da sempre i manufatti in ceramica e terracotta, per il loro uso domestico o votivo, sono stati decorati e lavorati secondo forme che seguivano le possibilità tecniche e i gusti del momento e che rendono oggi questi oggetti antichi classificabili nel tempo.
Prodotto tipico di tutto il Mediterraneo, la ceramica ha trovato anche in Italia una sua manifestazione peculiare, artigianale e artistica nelle scuole e botteghe che ancora oggi caratterizzano soprattutto il centro e sud del paese con la produzione di piastrelle e di stoviglie.
Con il tempo, molto artigianato è divenuto industria e le decorazioni a mano hanno trovato la loro evoluzione nel design e nelle linee del Made in Italy, in una collaborazione ormai consolidata con designer e firme della moda. Si è così sviluppato un settore produttivo forte, distintivo, protagonista sui mercati esteri dove è ricercato proprio per la qualità e l’innovazione dei prodotti e delle linee.




Un comparto tra edilizia, arredo e oggetti per la casa

Secondo la descrizione contenuta nell’Indagine statistica nazionale sull’industria italiana della ceramica, il comparto si compone in realtà di cinque settori ben distinti. A fare la parte del leone sono le piastrelle, fiore all’occhiello dell’export italiano, caratterizzate da una forte concentrazione territoriale di imprese nei distretti dell’Emilia Romagna: nel 2021 solo questo tipo di produzione ha fatturato 6.166 milioni di euro su 7.464 complessivi del comparto.
Il secondo settore per valore sono i laterizi, con 62 imprese e 500 milioni di euro di fatturato tutti sul mercato interno; al terzo posto i materiali refrattari, 31 imprese che fatturano 381 milioni di euro di cui oltre la metà derivante dalle esportazioni.
Altri due ambiti, legati con le piastrelle al segmento della casa, sono la ceramica sanitaria e le stoviglie in ceramica e in porcellana. La produzione della ceramica sanitaria è anch’essa riconducibile alla capacità di un distretto, quello di Civita Castellana, in provincia di Viterbo, che da solo raccoglie 27 delle 30 imprese del settore. Dopo il calo legato alla pandemia nel 2020, il mercato è ripartito portandosi ai livelli pre-Covid sulla scia di una nuova voglia di casa che ha contagiato positivamente tutto il comparto: nel 2021 la produzione di sanitari ha segnato un +29% sul 2020 e nel complesso il settore ha fatturato 369 milioni di euro (+20,46%) di cui il 45% proviene dall’export (+8,85%).
Il comparto industriale delle stoviglie in ceramica e in porcellana aveva vissuto nella seconda metà del secolo scorso un periodo di grande floridità e affinità con il Made in Italy, per poi patire fortemente la globalizzazione (soprattutto nel canale della grande distribuzione), tanto che oggi il 49% delle importazioni di tazze e piatti da tavola proviene dalla Cina. Limitatamente alle imprese industriali, escludendo quindi la folta schiera dell’artigianato, oggi operano in Italia solo nove aziende, per un fatturato totale di 47 milioni di euro, di cui il 34% deriva dalle esportazioni a cui è destinato il 23% della produzione.


 

L’impatto, aggirato, della guerra in Ucraina

Le supply chain sono fortemente integrate con l’estero sia per il sistema di logistica a supporto della distribuzione sia per l’approvvigionamento delle materie prime.
Nell’export, la forza del settore delle piastrelle in ceramica poggia anche sulla capacità delle aziende di fare sistema, presentandosi alle fiere e agli eventi all’estero sotto il marchio di origine Ceramics of Italy.
Riguardo alle materie prime, fino agli anni ‘70 il distretto della ceramica di Modena e Reggio utilizzava risorse locali; l’esigenza crescente ha portato poi a guardare al resto del territorio italiano e all’estero. Attualmente i 10 milioni di tonnellate di argille, sabbia e feldspati necessari arrivano, anche e non solo, da Germania, Francia, Turchia e Ucraina: dal paese aggredito dalla Russia giungevano circa due milioni di tonnellate di materie prime e l’interruzione dei flussi a causa dell’invasione ha reso necessario guardare ad altri mercati (ad esempio l’India), pur con l’aggravio dei costi che ha toccato tutti i componenti. L’improvvisa sospensione delle importazioni dall’Ucraina non ha determinato però nessuna interruzione di attività, si è fatto invece ricorso alla ricerca e all’innovazione dei laboratori chimici delle imprese per modificare le composizioni degli impasti, a causa delle diverse caratteristiche delle terre disponibili.


 

Energia per un settore che vive la sostenibilità

La ceramica è per propria natura composta da elementi naturali, ma tutto il suo ciclo di vita e il suo utilizzo avvengono nella logica della sostenibilità. Il prodotto in ceramica dura nel tempo, non emette inquinanti, è ignifugo. Alcune sue applicazioni trovano impiego anche nell’impiantistica e nell’edilizia per il risparmio energetico, funzionali ad esempio agli impianti di riscaldamento a pavimento o alle facciate ventilate.
La sfida per le imprese è stata piuttosto rivolta alla capacità di ottimizzare i consumi in fase di produzione, riducendo i costi e l’impatto ambientale. Il settore è tra quelli definiti energivori, anche se molto è stato fatto per rendere più efficienti i processi: il gas è utilizzato in particolare per la cottura ad alta temperatura dei prodotti, una fase che per le tecnologie disponibili non può trovare a oggi un’alternativa nell’elettrificazione del processo. Quanto la questione del costo dell’energia sia centrale per tutto il settore, è riassunto dal dato di oltre un miliardo di euro di aggravio dei costi derivante dalla sola componente termica.
L’onerosità dei costi dell’energia ha portato Confindustria Ceramica nei mesi scorsi a richiedere al Governo di riaprire allo sfruttamento dei giacimenti di gas sul territorio italiano a favore delle imprese energivore, un modo per poter garantire la continuità operativa e la competitività sui mercati esteri.
Innovazione e tecnologia hanno invece reso possibile un’ottimizzazione del consumo di acqua, ridotto di oltre tre milioni di litri l’anno grazie al recupero delle acque reflue, e il recupero del 100% degli scarti di lavorazione, che sono riciclati e reimmessi nel processo produttivo.


LA FORZA DEI DISTRETTI

La vera forza del settore sono le piastrelle in ceramica, prodotte da 131 aziende, 74 delle quali nel solo distretto di Modena e Reggio Emilia (83,6% della produzione nazionale), 11 nel resto dell’Emilia Romagna (la regione da sola vale il 94% della produzione nazionale) e 46 nel resto d’Italia.
Negli ultimi vent’anni il comparto ha vissuto prima un calo leggero ma costante, culminato con un drastico peggioramento della produzione in concomitanza con il biennio nero della crisi finanziaria 2008-09 (rispettivamente -8% e -28%) e nuovamente nel 2012 (-8%), per poi riprendersi gradualmente e arrivare alla pandemia (-14% nel 2020) dopo due anni di leggero calo. La risposta è stata un forte rimbalzo nel 2021 guidato dalle ristrutturazioni (produzione a +26%, superiore al dato prepandemico, fatturato +20%) e un 2022 stimato sullo stesso livello. Più che il Superbonus 110% è stato proprio l’effetto pandemia sulle scelte abitative a determinare la crescita nella produzione: il mercato immobiliare ha vissuto nel 2021 un aumento delle compravendite, come risposta alla ricerca delle persone di vivere meglio il proprio privato dopo il lockdown. Questa esigenza si è tradotta in un +36% del mercato immobiliare, con il 56% degli immobili a uso abitativo acquistato con le agevolazioni per la prima casa e un boom di acquisto di seconde case (+26% rispetto al 2019).
In linea con il 2021 è il preconsuntivo 2022 elaborato da Prometeia, relativo al solo comparto delle piastrelle in ceramica: le vendite hanno visto una crescita dello 0,7% del volume, più spiccata in Italia (+2,6%) rispetto all’estero (+0,2%), con la produzione a +3% e oltre sette miliardi di euro di fatturato.
L’export rappresenta una quota fondamentale del giro d’affari del settore: nel 2022 il mercato italiano ha coperto il 20% della produzione di piastrelle, il 48% è stato esportato nei paesi Ue e il 32% nel resto del mondo. Questi dati fanno del nostro paese il primo esportatore al mondo di piastrelle in ceramica con 5,24 miliardi di euro di valore e una quota del 31% che tocca più di 180 paesi (al secondo posto c’è la Cina con 3,47 miliardi). Nel 2022 le vendite sono cresciute particolarmente nei paesi del Golfo e nell’Estremo Oriente, stabili in Europa Occidentale, Balcani e America Latina, mentre sono in calo in Nord America ed Europa Orientale.