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Cosa resterà dopo la pandemia

Presentato il 17° Rapporto Censis sulla comunicazione “I media dopo la pandemia”. Secondo i dati, gli italiani non vorranno più rinunciare a molti servizi online sperimentati nei mesi di lockdown, in particolare quelli della pubblica amministrazione, l’e-commerce e le consegne a domicilio

La pandemia è stata un potentissimo fattore di accelerazione verso la transizione digitale, che ha coinvolto tutti gli italiani, anche quelli che finora ne erano rimasti ai margini. È questo in sintesi il risultato del 17° Rapporto Censis sulla comunicazione “I media dopo la pandemia” presentato a ottobre.
Basta con file e richieste su carta: il 38% degli italiani intervistati chiedono servizi e app che permettano di ottenere certificati e documenti con un semplice clic. La pubblica amministrazione digitale è diventata irrinunciabile e gli italiani non sono disposti a tornare indietro. Seguono l’e-commerce (29,9%), il conto corrente online (24,3%) e l’home delivery (24,2%), servizi ai quali non gli abitanti del Bel Paese non sono disposti a rinunciare nemmeno dopo la fine dell’emergenza. Per il 20,2% è lo smart working a essere intoccabile (e il dato sale al 28,6% tra i 30-44enni). Tutti cambiamenti verso una piena transizione digitale che fino a qualche anno fa sembravano lontanissimi e che oggi sono diventati realtà.

Spid: un’Italia a due velocità
Complessivamente, quasi la metà della popolazione italiana (il 48,7%) ha già attivato l’identità digitale Spid. Ma i divari sociali e territoriali sono ancora molto evidenti, perché le maggiori resistenze o difficoltà di accesso sono concentrate in alcune aree del Paese e in alcuni specifici segmenti socio-demografici. Le percentuali più elevate di coloro che hanno attivato lo Spid si registrano nelle grandi aree metropolitane (59,5%) e tra le persone dotate di titoli di studio più alti (tra i diplomati e i laureati si supera la soglia della metà raggiungendo il 61,6%), mentre i picchi più bassi, rispetto alla media nazionale, si riscontrano al Sud (40,2%) e tra gli anziani (32,1%).

Internet: luci e ombre dell’utilizzo continuativo

Di accelerazione straordinaria si può parlare anche per l'uso di internet: l'utenza ha infatti raggiunto quota 83,5%, l'utilizzo degli smartphone sale all'83,3% e aumentano complessivamente al 76,6% gli utenti dei social network. Proprio a questo segmento è legato uno dei dati più interessanti: nel 2021 si accorciano le distanze tra le generazioni, con la percentuale di over 65 che utilizza internet in aumento. Tra gli anziani inoltre crescono anche gli utenti dei social media.
Durante i mesi più caldi della pandemia le tecnologie digitali hanno garantito la continuità di molte attività pubbliche e private: dalle relazioni affettive e sociali al commercio elettronico, dallo smart working alla didattica a distanza. Per il 58,6% degli italiani i dispositivi digitali hanno permesso di provvedere alle proprie necessità durante la pandemia. Per il 55,3% sono stati d’aiuto per mantenere le relazioni sociali. Per il 55,2% grazie ad essi si è potuto continuare a lavorare o a studiare.
Tuttavia, dopo la scorpacciata di tecnologia, più della metà (il 52,8%) si sente stanco dell’uso continuo dei dispositivi digitali e vorrebbe «staccare la spina». Cellulari, tablet e pc rubano troppo tempo alla vita secondo il 32,2% degli italiani, che nel 31,5% dei casi avvertono il bisogno di connettersi continuamente. E il 22,8% dichiara di non riuscire proprio a disconnettersi mai.

L’informazione al tempo del Covid: i telegiornali in testa
Secondo il Rapporto, dopo 18 mesi di restrizioni nel 2021 si sono evolute le "diete mediatiche" degli italiani: se sono aumentati i telespettatori della tv tradizionale e della tv satellitare, la tv via internet ha registrato un vero boom, con la mobile tv che è passata dall'1% di spettatori nel 2007 a un terzo degli italiani oggi.
Durante i giorni dell’emergenza sanitaria, i telegiornali hanno mantenuto la posizione di vertice tra le fonti informative e sono stati scelti dal 60,1% degli italiani. Sono un riferimento indiscusso per i 65-80enni (73,2%), ma anche per il 42,3% dei 14-29enni. Al secondo posto c’è Facebook, utilizzato dal 30,1% degli italiani a scopi informativi. Poi i motori di ricerca come Google, che hanno attratto il 22,9% degli utenti per informarsi. Le tv all news (quarta fonte di informazione nel 2021 con il 22,5%) sono cresciute del 2,9%.
Infine ci sono i quotidiani cartacei che hanno registrato l’11,7% di utenza a scopi informativi con una flessione del 5,8% rispetto al 2019. I quotidiani online invece hanno incrementato la loro utenza a scopi informativi al 12,5% con un aumento dell’1,1% rispetto al periodo pre-pandemia.

Politica sì, ma cresce la voglia di informazione scientifica
Pandemia sì, pandemia no, le notizie più seguite nel palinsesto media dagli italiani restano quelle sulla politica (per il 39,7%). Ma la voglia di approfondire le informazioni sul Covid-19 ha avuto un riscontro nel crescente interesse per le notizie di tipo scientifico, medico e tecnologico: sono salite nelle preferenze del 33,4% degli italiani, rispetto al 27,7% del 2019.

Gli esperti in tv? Promossi solo dalla metà degli italiani
La presenza degli esperti nei vari campi della medicina sui giornali e in tv è stata giudicata positiva da oltre la metà degli italiani (54,2%). I motivi? Sono stati indispensabili per avere indicazioni sui comportamenti corretti da adottare (15,5%) o perché sono stati utili per comprendere quello che accadeva (38,7%). Il 45,8% degli italiani ha dato però un giudizio negativo su virologi ed epidemiologi in Tv: sono stati inutili e hanno creato confusione e disorientamento (34,4%) o sono stati addirittura dannosi, perché hanno provocato allarme (11,4%).

L’editoria in ripresa
Buone sono le notizie per l’editoria: cresce, seppure lievemente (+1.7%), il numero di chi ha letto almeno un libro nel corso dell’anno e cresce anche, con ritmi leggermente più sostenuti (segna infatti un +2,6% rispetto al 2019), il numero di chi legge eBook.