il-contributo-del-biotech-per-il-futuro-dell-italia

Il contributo del Biotech per il futuro dell’Italia

Assobiotech, l’associazione di Federchimica per lo sviluppo delle biotecnologie, ha presentato le sue richieste al Governo, in vista della legge di Bilancio 2021. Il principale obiettivo è quello di delineare proposte di policy e piani di azione concreti e condivisi per il futuro del settore e del nostro Paese

Lavorare su tre direttrici: ecosistema, scienze della vita e bioeconomia. Immaginare per ognuno di questi ambiti una serie di interventi e misure che permettano al comparto di incrementare la propria competitività su scala globale e di esprimere al meglio le sue straordinarie potenzialità nella lotta alla pandemia e per una ripartenza sostenibile del pianeta. È questa l’estrema sintesi di obiettivi e contenuti del Piano per il biotech nazionale e lo sviluppo del Paese, presentato da Assobiotec il 10 novembre scorso, in occasione dell’evento online Biotech, il futuro migliore. Per la nostra salute, per il nostro ambiente, per l’Italia. Assobiotech è l’associazione nazionale di Federchimica per lo sviluppo delle biotecnologie, e rappresenta circa 130 imprese e parchi tecnologici e scientifici operanti in Italia nei diversi settori di applicazione del biotech: salute, agricoltura, ambiente e processi industriali.

Creare un ecosistema
Per quanto riguarda la prima direttrice, quella dell’ecosistema, Assobiotech propone innanzitutto di definire una governance unitaria e coordinata della ricerca a livello nazionale, con una prospettiva temporale di lungo periodo. Le altre proposte riguardano il raddoppio degli investimenti in ricerca pubblica, portare stabilmente e almeno al 25% il credito di imposta sulla ricerca, al 50% per i primi cinque anni per le start up innovative; la semplificazione delle procedure d’accesso del patent box; stimolare la ricerca e l’attrazione di investimenti privati, in particolare attraverso l’allargamento del perimetro di azione (biotecnologie) di industria 4.0, potenziare gli accordi di innovazione e contratti di sviluppo e ulteriore defiscalizzazione degli investimenti corporate e di investitori istituzionali in start up e Pmi innovative; creare un “one stop shop” (sportello unico) con una specializzazione in settori ad alto contenuto tecnologico e di innovazione, a disposizione degli investitori nazionali ed esteri; intervenire sul modello del trasferimento tecnologico, creando un’efficace rete unitaria e coordinata, pur nel rispetto delle specificità dei territori, che condivida una piattaforma informativa, metodi e strumenti di intervento, che valorizzi i centri in grado di trasformare la ricerca in imprese, occupazione, nuovi prodotti e servizi; modificare gli indicatori di valutazione dei ricercatori universitari, premiando la capacità di valorizzare la conoscenza per l’innovazione; abolire il “professor’s privilege”, restituendo alle università e ai centri di ricerca la proprietà intellettuale della conoscenza generata nei propri laboratori; favorire la collaborazione e la partnership pubblico-privato nella realizzazione e gestione di infrastrutture per la ricerca e l’innovazione e su grandi programmi strategici; favorire il procurement innovativo, dando piena applicazione e migliorando le norme già previste nel codice degli appalti (partenariati per l’innovazione), offrendo un quadro di certezze alle imprese che sviluppano innovazione con la pubblica amministrazione; ridurre la discrezionalità nelle procedure burocratiche e, in particolare, nelle procedure autorizzative, generalizzando la regola e la pratica del silenzio/assenso, accorciando e dando certezza dei tempi degli iter burocratici

Le scienze della vita
Le proposte avanzate attorno all’area denominata “scienze della vita” partono con la richiesta di costruire una rete nazionale di infrastrutture specializzate (sul modello delle “catapult” inglesi o svedesi), in partnership pubblico privato al servizio di attività di ricerca, trasferimento tecnologico e accelerazione di nuove imprese, open innovation, con un perimetro che comprenda tutta la catena del valore (prevenzione, diagnostica, farmaco, dispositivi medici, digital health e intelligenza artificiale), indirizzata ad alcune aree prioritarie, (ad esempio, terapie avanzate, anticorpi monoclonali, vaccini, botanical drugs ed herbal medicine, drug discovery e ricerca clinica), per rafforzare la capacità del paese di generare conoscenza e valore. Le altre proposte riguardano la promozione di fondi di equity con la partecipazione di istituzioni finanziarie pubbliche per la messa a disposizione di capitale “paziente” dedicato alle scienze della vita; l’allineamento della legislazione italiana a quella europea in tema di sperimentazione animale; velocizzare il processo di approvazione delle sperimentazioni cliniche, sia per il farmaco che per i dispositivi medici, in linea con i termini previsti dalla legislazione europea, rendendo strutturale e di routine l’utilizzo della procedura fast track per la sperimentazione clinica; rafforzare il tessuto produttivo bio-farmaceutico, favorendo la traslazione verso produzioni a maggior valore aggiunto, come quelle biotech, sia attirando nuovi impianti produttivi sia favorendo la trasformazione/riconversione di quelli esistenti; rivedere in profondità la governance farmaceutica, rimodulando, nel breve, i tetti, e adeguandola, nel medio, alle effettive necessità terapeutiche del Paese, superando la logica dei silos e tenendo conto, con completezza, dei benefici apportati su tutti i capitoli di spesa.

Un supporto per l’economia
Relativamente all’area della cosiddetta “bioeconomia”, le proposte riguardano: la definizione di “un quadro regolatorio stabile e coerente sull’end of waste”; realizzare una mappatura nazionale dei siti industriali dismessi e favorirne la riconversione in bioraffinerie integrate nel territorio; supportare la creazione di filiere integrate nel territorio, garantendo condizioni competitive nei processi di produzione di biomassa a tutti gli attori della catena del valore; agevolare lo scale-up industriale delle tecnologie, quale strumento di de-risk per gli investitori, anche attraverso la creazione di una shared pilot facility nazionale; favorire la valorizzazione del patrimonio di biodiversità nazionale come fonte di risorse genetiche, grazie alle nuove tecniche di evoluzione assistita; proseguire e potenziare il piano nazionale per le biotecnologie sostenibili in agricoltura rivedere il quadro normativo per consentire la sperimentazione in campo delle biotecnologie sostenibili.

La capacità dell’Italia di competere
“Il Piano che abbiamo presentato – ha spiegato il presidente Assobiotec, Riccardo Palmisano – è il risultato di un lungo lavoro di confronto e condivisione su diversi temi di interesse comuni a tutto il mondo del biotech discussi, in questi mesi, con i diversi attori del comparto ma anche con Istituzioni e rappresentanti del governo. Siamo convinti che l’Italia abbia le capacità per competere in uno tra i settori su cui si baserà il futuro del pianeta: le biotecnologie. Il nostro auspicio – ha proseguito – è che questo documento possa diventare un utile e agile strumento per i decisori politici chiamati a definire e disegnare interventi di policy. Un possibile manuale dal quale partire per far finalmente diventare il biotech motore essenziale per la salute, per l’ambiente, per la ripartenza del Paese”. L’appello, forte e unanime, è quello di mettere fin da ora ricerca, innovazione, biotech, al centro dell’agenda del governo. Sono infatti i Paesi che per primi hanno capito l’importanza del circolo virtuoso innovazione-produttività-crescita quelli che si sono posizionati meglio in termini di competitività di sistema di lungo periodo e che hanno dimostrato maggiore resilienza alle crisi. “Puntare su ricerca e sviluppo significa puntare lo sguardo verso un futuro possibile e sostenibile – ha aggiunto Palmisano – il tutto in un sistema che incentivi e favorisca sempre più partnership pubblico private per un rapido ed efficace raggiungimento dei risultati”.
Intervenuto all’appuntamento, il ministro dell’Università e della Ricerca, Gaetano Manfredi, ha sottolineato come la pandemia che stiamo vivendo sia “un evento straordinario ma è anche il paradigma di una trasformazione globale che il nostro mondo stava già attraversando e che si è profondamente accelerata in questi ultimi mesi. Un quadro che ci consente di mettere al centro del dibattito pubblico i temi della ricerca e dell’innovazione. Il ’time to market’ delle scoperte è molto breve, per questo il settore biotech, che rappresenta in sé tutto quello che oggi significa fare innovazione, è decisivo. La ricerca di base – ha evidenziato – deve lavorare di pari passo con l’applicazione prima e poi l’industrializzazione di quelle che sono le nuove scoperte. Tutto ciò richiede un’integrazione forte di tutta la filiera della ricerca pubblica e privata con modelli innovativi. Nel campo del farmaceutico il biotech deve godere di un legame stretto con le startup, andando a costruire un partenariato come leva di innovazione. Il contributo che può quindi venire dal mondo delle tecnologie e del biotech è fondante per la nostra società a prescindere dal pur importante apporto sul Pil”, ha concluso il ministro.